sabato 25 giugno 2011

Considerazioni sul bilancio del Comune di Milano



L'assessore al Bilancio, demanio e tributi Bruno Tabacci ha presentato alla riunione della Giunta la relazione sullo stato dei conti: "Potenziale disavanzo di 186 milioni a fine 2011"
Ecco il Comunicato:
"Milano, 24 giugno 2011 - Analisi chiara, impietosa e con una speranza. Milano ce la può fare senza aiuti. Dalle prime considerazioni sul forecast al 31 dicembre 2011, emerge un disavanzo di 186 milioni di euro per le spese correnti ed un avanzo per le spese capitali di 8,5 milioni di euro. Lo comunica al dopo giunta l'assessore al Bilancio Bruno Tabacci. Servizi e attività obbligatorie saranno garantite, ha assicurato Tabacci.Malgrado le preoccupazioni sul preventivato disavanzo, il sindaco Giuliano Pisapia ha escluso che Palazzo Marino chiederà una legge ad hoc al Governo per il capoluogo lombardo. "Milano ce la farà da sola - ha assicurato Pisapia - se ci sarà, come ci sarà, una buona amministrazione''. Anche Tabacci ha escluso che Milano chiederà all'esecutivo un sussidio speciale come avvenuto in passato per le amministrazioni di Roma e Catania.
Tra le criticità evidenziate, quella relativa alla vendita delle quote di Serravalle: l'assessore ha previsto che difficilmente la quota del 18% della partecipata, uno degli architrave della politica delle entrate della Giunta Moratti, troverà un acquirente."I 170 milioni di euro di Serravalle - ha affermato - noi non li recupereremo. Non ci sarà nessuno disposto ad acquistare per 170 milioni una quota del 18% che è bloccata, visto che la Provincia di Milano detiene il controllo assoluto". Proprio per questo, ha rivelato di aver proposto all'ente provinciale guidato da Guido Podestà (Pdl) di avviare una riflessione per costituire una newco con l'obiettivo di riuscire a valorizzare le rispettive partecipazioni azionarie. ''Ho sentito un dovere di trasparenza nei riguardi della città – ha precisato il Sindaco Pisapia - la verita' sui conti del Comune di Milano e' stata ristabilita''

lunedì 20 giugno 2011

Qualità dell'ambiente urbano, presentato il Rapporto Ispra


Sfruttamento del suolo e produzione di rifiuti continuano ad aumentare nelle grandi città italiane, mentre diminuiscono i consumi d’acqua e le emissioni in atmosfera. Questi alcuni dei dati contenuti nel VII Rapporto sulla Qualità dell’ambiente urbano - edizione 2010, presentato il 9 giugno 2011 dall’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Rapporto, attraverso lo studio della qualità ambientale di 48 capoluoghi di provincia, è rappresentativo nella sua analisi di tutto il territorio nazionale; è prodotto dell'intero sistema delle Agenzie Ambientali ( ISPRA/ARPA/APPA) e condiviso anche con ANCI, ACI e ISTAT, condivisione che ne rafforza il ruolo di strumento sempre più utilizzato per le decisioni sulla pianificazione, programmazione e gestione dell'ambiente e del territorio urbano. La qualità dell'ambiente urbano è stata studiata e analizzata approfondendo numerose tematiche fra cui: fattori demografici, suolo, rifiuti, rischio industriale, acqua, emissioni e qualità dell'aria, cambiamenti climatici, trasporti e mobilità, inquinamento. L’uomo influisce sull’ambiente modificandolo continuamente per adattarlo alle proprie esigenze: questo fenomeno, si legge nelle pagine del Rapporto, prende il nome di “antropizzazione”. Tra gli aspetti che incidono sul consumo delle risorse e sulla qualità dell’ambiente la consistenza della popolazione, il suo incremento o decremento e la sua concentrazione sul territorio.

Procedura di espulsione per gli extracomunitari clandestini


Approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 giugno 2011 un decreto-legge che rende più completa la normativa per i cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri e in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. E’ ripristinata la procedura di espulsione coattiva immediata per tutti gli extracomunitari clandestini qualora siano pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato; siano espulsi con provvedimento dell’autorità giudiziaria; violino le misure di garanzia imposte dal Questore; violino il termine per la partenza volontaria. Viene introdotto l’allontanamento coattivo (espulsione) anche dei cittadini comunitari per motivi di ordine pubblico se permangono sul territorio nazionale in violazione della direttiva 38/2004 sulla libera circolazione dei comunitari. E’ prolungato il periodo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione fino a 18 mesi, in linea con le disposizioni della direttiva. Per evitare il rischio di fuga dello straniero, sono previste misure di garanzia idonee, la cui violazione è punita con la multa da 3.000 a 18.000 euro. Vengono rimodulate le fattispecie dei reati di violazione e reiterata violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio con la previsione della sanzione pecuniaria e con la possibilità per il giudice di pace di sostituire la condanna con l’espulsione.

Comune Milano/ Moratti: Orgogliosa del bilancio, prevede avanzo

By Virgilio Notizie

Non vorremmo che allarme di Pisapia sia per mettere mani avanti

L'ex sindaco di Milano, Letizia Moratti, rimanda al mittente l'allarme sui conti del Comune lanciato oggi dal suo successore Giuliano Pisapia nel suo primo intervento in Consiglio comunale. "Non vorremo - ha detto rivolta a Pisapia - che questo suo accenno fosse finalizzato a mettere le mani avanti" per introdurre l'addizionale Irpef e aumentare le tariffe. "Su questo saremo particolarmente severi nel fare opposizione" ha garantito l'ex sindaco. "Mi riservo di tornare su bilancio - ha aggiunto Moratti - ma devo dire che siamo orgogliosi di lasciare un bilancio che, se farete le cose che abbiamo previsto, prevede un avanzo di 48 milioni di euro. Siamo consapevoli che si semina per la città, non per raccogliere consensi e per questo siamo felici e orgogliosi di avere finanziato due nuove linee della metropolitana e due nuovi musei che potrete inaugurare nei prossimi anni. Siamo orgogliosi di esserci riusciti nonostante la crisi e il taglio dei trasferimenti da partre dello Stato e della Regione. Siamo orgogliosi di esserci riusciti senza addizionale Irpef e aumentare le tariffe". Il programma di Pisapia, ha aggiunto l'ex sindaco, "fa riferimento a una Milano che c'è già, forte di una tradizone laico riformaista e cattolica-liberale, una città che è da sempre motore del Paese. E' una vitalità indipendente dalle Giunte e dai Consigli comunali che possono susseguirsi e un riferimento a questa sarebbe stato doveroso. Dobbiamo essere grati a questo e dobbiamo essere consapevoli del fatto che il nostro ruolo non deve essere sostitutivo di questa vitalità".

Giuliano Pisapia: "Sarò il sindaco di tutti"

Foto Primo Consiglio Comunale 20 giugno 2011

Giuliano Pisapia nel suo discorso all'Aula: "Il risveglio civico per trasformare la volontà di contribuire al cambiamento in uno strumento di crescita collettiva"

Ecco il discorso: Milano, 20 giugno 2011 - Il discorso del sindaco Giuliano Pisapia nella prima seduta del Consiglio Comunale.


Signor Presidente, Signori Consiglieri,

il recente risultato elettorale e l’esito dei referendum dimostrano che i milanesi hanno deciso di aprire, nella loro città, una nuova stagione politica.
È un cambiamento che coincide con un sentimento di grande, entusiasmante impegno e con una rinnovata volontà di partecipazione alla vita pubblica.

Milano vuole ritrovarsi di nuovo unita intorno a un obiettivo comune.
Milano vuole trasformare il sogno in realtà.
Milano vuole tornare ad essere la capitale morale ed economica del nostro Paese.
E vuole farlo mettendo in gioco se stessa.
Il nostro compito è quello di cogliere e indirizzare questo risveglio civico e di trasformare la volontà di contribuire a questo cambiamento in uno strumento di crescita collettiva.

Questa prima seduta del Consiglio comunale può essere già l’inizio di un nuovo percorso, che restituisca a quest’ assemblea il compito di parlamento della città; il Consiglio Comunale deve essere, ne sono convinto, un luogo aperto, partecipato dai cittadini, un’istituzione da rispettare; la sede e il modello di un confronto civile, il cuore di un nuovo corso amministrativo, politico, sociale, culturale per Milano.

Prima di intervenire sulle linee programmatiche che intendo realizzare nel corso del mandato, voglio ringraziare, a nome di Milano, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, garante della nostra Costituzione e sostenitore di un rapporto sempre più stretto tra Istituzioni e cittadini.

Un grazie all’Arcivescovo di Milano, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, per la sua capacità di destare l’attenzione della città e dei suoi amministratori sui temi dell’accoglienza e della solidarietà; per il suo monito morale e civile e per il suo impegno a favore dei più deboli.

Ringrazio Manfredi Palmeri, che, a detta di tutti, ha svolto bene il suo compito di Presidente del Consiglio comunale nella precedente consiliatura.

Ringrazio anche Giuseppe Mele segretario generale del Comune di Milano.

Mi congratulo con il nuovo Presidente del Consiglio Comunale, Basilio Rizzo, che per la sua lunga esperienza e per il rigore con cui ha svolto per anni il ruolo di consigliere comunale rappresenta per tutti, ne sono profondamente convinto, una garanzia di corretto e trasparente svolgimento dei lavori di questa Assemblea.

Una grande responsabilità:

Sento di avere una grande responsabilità. A Milano è avvenuto qualcosa di inedito sulla scena politica: si è aperta una nuova stagione che ha riportato al centro un’Italia che sembrava offuscata, nascosta. Quest’Italia – questa Milano – chiede a gran voce innanzitutto di essere protagonista della scelte della città e, quindi, di partecipare attivamente alla vita collettiva; e chiede, a chi è stato eletto, coraggio nell’immaginare, e nel costruire, un futuro migliore per tutti; il che significa anche saper rinunciare a quei piccoli privilegi che hanno contribuito a creare un fossato tra i cittadini e i loro rappresentanti.

Per esempio non vi saranno nel nostro comune, “auto blu”. Abbiamo delle piccole Punto bianche in condivisione… e ne faremo uso con la dovuta sobrietà.

Si tratta, certo, di piccole cose che però possono essere indicative di un rapporto paritario tra cittadini e chi li rappresenta.

Piccole cose che, però, si conciliano anche con l’avere aspettative alte, col sentirci un po’ demiurghi, col credere che è possibile immaginare una città diversa e realizzarla davvero.

Altri l’hanno fatto. E noi lo faremo.
1) Detroit, schiacciata dalla crisi dell’ auto, era una città che sembrava finita; è diventata una Mecca per i giovani artisti;
2) Amburgo ha affrontato la crisi della presenza industriale inventandosi capitale dell’ecologia.

Il destino di Milano è nelle nostre mani: noi dobbiamo riconoscere e affrontare i problemi irrisolti. Da quelli piccoli a quelli grandi.

Il progetto di futuro che vogliamo costruire dipende soprattutto da noi.

L’aria del cambiamento, per dare risultati concreti, non può però restare circoscritta a Milano. Una città non è una monade, né un castello con i ponti levatoi alzati.

Non sarà possibile nessun cambiamento reale, né la soluzione di problemi globali – l’aria, l’acqua, il traffico… - se non riusciremo a rendere concreto il concetto di una città aperta che sviluppi rapporti costruttivi con la città metropolitana e si apra, nei fatti e non a parole, all’Europa, al Mediterraneo e al mondo intero.

L’obiettivo è di costruire attrazione di risorse, una migliore convivenza e una maggiore coesione tra quelle parti di umanità dell’intero pianeta che hanno scelto il nostro territorio per lavorare e per vivere.

Il nostro successo è stato costruito oltre che dal nostro lavoro, da quello di tantissime persone che hanno scelto di unirsi a noi, dimostrando che siamo in tanti a volere una città nuova:
1)nuova fuori e quindi più bella, più verde, più pulita, più efficiente;
2) nuova dentro: più solidale, più accogliente, più generosa, più attenta, più giusta, più trasparente.

Milano ci ha fatto un dono:

Milano ci ha insegnato qualcosa.
Milano ha insegnato a tutto il Paese che la buona politica è un valore che dà prestigio all’immagine di una città e, nello stesso tempo, consente di offrire risposte efficaci ai bisogni delle persone.

Moralità, rispetto dell’altro, correttezza nei comportamenti: i cittadini hanno detto chiaramente che vogliono che la politica riscopra una dimensione etica.
Vogliono che i loro rappresentanti riconoscano la virtù, cioè il merito, le competenze, le capacità, l’onestà, l’integrità e la generosità verso la città.

Vogliono che l’istituzione cittadina sia il primo modello di equità e che, col suo esempio, promuova quel senso civico che è una delle migliori tradizioni di Milano.

Sarò il Sindaco di tutti:

I cittadini ci hanno affidato un compito difficile: fornire una risposta credibile alla loro domanda di cambiamento. Da parte mia ci metterò il massimo di impegno.

Lavorerò guardando al futuro, ma anche cercando negli esempi del passato una guida e, permettetemi di dirlo, il coraggio di superare le difficoltà che non mancheranno.
Milano è stata la culla di un riformismo municipale che ha offerto esempi luminosi di sapienza e lungimiranza amministrativa.
Quegli esempi illumineranno il mio cammino.

Una legislatura costituente:

Penso a questa legislatura come a una legislatura costituente.
Costituente soprattutto nella ricostruzione di solide relazioni con la città, che avevano fatto grande Milano, e che si sono come sfilacciate con il tempo.

Occorre rafforzarle per ridare vigore alla città in tutti i campi in cui ha sempre primeggiato: l’economia, il lavoro, l’impresa, le professioni, il welfare, la cultura.

Lo faremo grazie al contributo di personalità di primo piano della politica e della società civile.
Lo faremo attraverso una rete di delegati, di consulte, di agenzie presenti e attive sul territorio.
Ma lo faremo soprattutto coinvolgendo coloro che sono stati ai margini della politica.
Daremo voce a tutte le diverse componenti della società milanese.

E in questo avranno un ruolo rilevante i consigli di zona, che saranno vere e proprie municipalità – con poteri reali, risorse sufficienti e una parte di bilancio partecipato – in grado di svolgere un ruolo di mediazione nella partecipazione concreta dei cittadini sui problemi della città e di proporre soluzioni concrete ai problemi delle singole zone.

A proposito di bilancio, non posso esimermi dal dire – e’ il mio un dovere di trasparenza – fin da subito parole chiare: un primo esame conferma quanto già i revisori del comune di milano avevano rilevato e cioè che, dal controllo sugli equilibri di bilancio, emerge “un andamento assai negativo delle entrate che compromette l’equilibrio di bilancio sia di parte corrente che dei saldi utili ai fini del rispetto del patto di stabilita”

Sul bilancio del comune, e sull’effettiva situazione rispetto a quella che ci e’ stata comunicata, faccio fin d’ora ogni riserva e darò immediate comunicazioni non appena saranno terminate le doverose verifiche

Un patto per la città:

Da parte nostra, intendiamo realizzare un Patto per la Città che si traduca in sviluppo economico e aumento della competitività, del benessere, della crescita sociale e culturale.

Vogliamo altresì dare inizio a una Legislatura che promuova uno stile nuovo fatto di educazione civica e di rispetto della dignità di tutti.
Uno stile nuovo nel modo di rapportarci con il Consiglio comunale, con i gruppi consiliari, con i lavoratori e le lavoratrici dell’amministrazione comunale.
L’Amministrazione deve essere un’organizzazione modello, al servizio del bene comune, un esempio di cultura gestionale positiva che contribuisce a promuovere il cambiamento.

Per questo intendiamo valorizzare il capitale umano e professionale dei dipendenti del Comune favorendo le pari opportunità; la conciliazione della famiglia e del lavoro; in modo che essere genitori non escluda l’accesso alla carriera e alle relazioni sindacali o non costringa, come purtroppo accade, a lasciare il posto di lavoro.

Chi lavora in Comune dovrà ritrovare l’orgoglio di dire “io lavoro per il bene della città, di chi ci vive e di chi ci lavora”.

Occorre costruire nuove soluzioni organizzative che valorizzino capacità, passione e competenza.

E’ questo un interesse primario dei cittadini e in particolare di quelli che più hanno bisogno dei servizi pubblici.
È un interesse del sistema economico poiché migliora l’efficienza della macchina comunale.
È un interesse per chi nel pubblico lavora oggi o vuole farlo domani.

Lavoreremo con impegno:

1) Per ridare speranza a una Milano che vuole riprendere a crescere e alle famiglie che domandano nuove politiche sociali
2) Per dare risposta ai lavoratori e alle lavoratrici che chiedono un’occupazione dignitosa, che consenta di costruire un futuro per loro e per i loro figli. Il che vuol dire anche combattere la precarietà.
3) Per restituire presente e futuro ai giovani che debbono essere protagonisti della loro vita e della vita della città
4) Per garantire alle imprese che vogliono competere un contesto di concorrenza trasparente.

Una Milano in grado di valorizzare la sua grande tradizione di solidarietà e di città aperta e accogliente.

Una città:

1) orgogliosa della sua storia di sviluppo civile e sociale, del suo ruolo di capitale del lavoro, del suo contributo alla democrazia e alla partecipazione.
2) in grado di generare futuro per le nuove generazioni; di dare opportunità, casa e lavoro ai giovani;
3) Una città capitale dei saperi e della cultura, che punta a valorizzare l’istruzione pubblica, la ricerca, la produzione culturale di qualità non solo in centro ma anche nelle periferie.

Vogliamo valorizzare uno dei simboli dello straordinario patrimonio culturale della città: le Scuole civiche, che devono tornare a essere un fiore all’occhiello di Milano.

Vogliamo una Milano che riconosca e affermi i diritti fondamentali civili e sociali.
Una Milano capitale di un welfare che non lasci ai margini le persone anziane e le persone in difficoltà.

Una città che sappia dare risposte concrete - perché è giusto, non perché è buono - ai temi della disabilità e che renda visibili coloro che oggi sono spesso costretti a restare invisibili.

Una città che promuova l’autonomia personale di chi ogni giorno si misura con ostacoli materiali e barriere architettoniche che dobbiamo rimuovere.

Una città a misura di bambino e, quindi, a misura di tutti. Una Milano che promuova processi di vera cittadinanza e partecipazione attiva.

Una Milano in cui si possa vivere senza venire discriminati per le proprie idee o stili di vita, in cui nessuno si senta solo o straniero.

I cittadini hanno espresso anche attraverso i Referendum la loro determinazione al cambiamento.

Costruiremo una città più verde e più vivibile; l’ambiente e la sostenibilità saranno tra le nostre priorità e colmeremo la distanza che, su questi temi, ci separa dai migliori modelli europei.

Affronteremo i grandi temi dell’inquinamento, del traffico, della valorizzazione della Darsena e dei Navigli, come temi dai quali dipendono la qualità della vita e la salute dei cittadini.

Sarà quindi nostro impegno tradurre in atti di governo gli indirizzi espressi dai cittadini durante la consultazione referendaria.

Milano deve riprendere a costruire il proprio futuro, nel rispetto della volontà dei cittadini:

Anche per questo ci impegniamo fin d’ora ad esaminare e a valutare le osservazioni presentate da cittadini e da numerose associazioni al P.G.T. (Piano di governo del territorio):
non solo per rispetto di quella democrazia partecipativa alla quale crediamo fermamente ma anche perché siamo profondamente convinti che, in quelle osservazioni, vi sia una grande ricchezza per il futuro della città.

Una città in cui non vi siano più abitanti senza casa e case senza abitanti.

Vogliamo una Milano che colga la grande opportunità di Expo 2015 lasciando in eredità ai cittadini più occupazione, più sviluppo, più relazioni internazionali; che offra soluzioni per combattere la fame, la sete e le malattie e che faccia dell’Expo un’occasione di dialogo tra culture diverse, di diffusione di conoscenze, di apertura al mondo e di progetti di cooperazione internazionale che possano contribuire a contrastare la povertà nell’ottica di quello che non può rimanere una slogan “nutrire il pianeta.-energie per la vita”.

Sono consapevole che nelle tracce di un programma non si può comprimere un’enciclopedia. Chi dunque volesse setacciare questo mio intervento per vedere cosa non c’è o cosa è insufficientemente trattato avrebbe gioco facile. Il tema della sicurezza, ad esempio, è un tema rilevante che non intendiamo sottovalutare. Ma, su questo tema e su altri che il tempo non mi permette di sviluppare. quello che mi preme sottolineare è la vera priorità metodologica del nostro operare: noi opereremo avendo come faro la cultura della prevenzione.

E dunque protocolli seri di sperimentazione per assicurare ai cittadini i risultati senza clamori, senza risse, senza le vesti stracciate del giorno dopo.

Mi auguro - e auguro a tutti – di potere inquadrare questo tema nella registro della normalità e non in quello della patologia dell’emergenza perenne.

Cari Consiglieri,
Qualcuno penserà che un discorso di insediamento serva solo per elencare le buone intenzioni.

Ma so che la memoria può diventare un giudice micidiale: proprio per questo una buona intenzione – direi programmatica – la voglio ancora dire.

Riguarda il rapporto con questa aula, attraverso cui si parla nel modo più istituzionale anche alla città, col proposito di dire la verità. Sapendo che Seneca ci ammoniva sul fatto che la verità “bisogna dirla solo a chi è disposto ad intenderla”.

Io considero i miei concittadini in grado di misurarsi anche con problemi gravi, comunque disposti a fare la loro parte, ove informati e coinvolti. Quasi tutta l’Europa funziona con questa etica.

Abbiamo davanti a noi un grande lavoro da compiere, ognuno con la propria storia, con le proprie opinioni, con la propria funzione.

È una sfida entusiasmante. Ci accomuna, ne sono convinto, la volontà di operare bene per Milano.

Le differenze sono una ricchezza che possiamo mettere al servizio della città.

Il mio compito sarà quello di guidare un progetto di cambiamento a cui ciascuno può contribuire nel modo che riterrà più giusto e più opportuno.

Ho fiducia che daremo tutti il meglio di noi stessi.

Ed è con questo proposito, in qualche modo severo anche con me stesso, che vi auguro e mi auguro di lavorare tutti per il bene di Milano.

Grazie.

COMUNE MILANO: BASILIO RIZZO NUOVO PRESIDENTE CONSIGLIO


Basilio Rizzo e' il nuovo presidente del Consiglio comunale di Milano.
Eletto nella lista Sinistra per Pisapia, Rizzo ha raccolto 28 preferenze in terza votazione, superando cosi' la maggioranza assoluta richiesta (25 piu' uno).
Le prime due votazioni, infatti, non erano state sufficienti per eleggere il nuovo presidente dell'aula in quanto non era stata raggiunta la maggioranza dei due terzi dei consiglieri: 28 voti sono stati raccolti da Rizzo in tutte le votazioni; De Corato, proposto dal PdL, ha ottenuto 16 voti nella prima votazione, 15 nelle due successive e Marco Cappato dei Radicali, auto candidatosi, ne ha ricevuti 1 alla prima votazione (1 anche a Calise), due nella seconda e tre nella terza.

(AGI) Mi5/Car

I risultati dei referendum cittadini consultivi di indirizzo


Il documento ufficiale con tutti i dati e l'affluenza delle cinque consultazioni milanesi

È pubblicato sul sito del Comune di Milano il Decreto sindacale di proclamazione dell'esito dei Referendum consultivi di indirizzo, secondo l'art. 22 del Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare.

Ecco il Decreto dei Referendum Consultivi

| 43 Kb Milano, 17 giugno 2011

Oggetto: Referendum cittadini consultivi di indirizzo di domenica 12 e lunedì 13 giugno 2011.

IL SINDACO

Visto il decreto sindacale del 12.04.2011 di indizione dei referendum cittadini consultivi di indirizzo aventi ad oggetto:

1. “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per ridurre traffico e srnog attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di “ecopass” e la pedonalizzazione del centro”:

2. “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per raddoppiare gli alberi e il verde pubblico e ridurre il consumo di suolo”:

3. “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per conservare il futuro parco dell’area EXPO”:

4. “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per il risparmio energetico e la riduzione della emissione di gas serra”;

5. “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per la riapertura del sistema dei Navigli milanesi”;

visti i verbali delle operazioni dell’Ufficio Centrale per i referendum cittadini;

visto l’art. 22 del Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare

DICHIARA

- la partecipazione alla votazione del 49,07% degli aventi diritto e conseguentemente la validità del quorum previsto per il referendum n. 1: “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per ridurre traffico e smog attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, l’estensione di “ecopass” e la pedonalizzazione del centro” con le seguenti risultanze: 373.850 “SI” e 98.845 “NO” per un totale di 472.695 voti:

- la partecipazione alla votazione del 49,15% degli aventi diritto e conseguentemente la validità del quorum previsto per il referendum n. 2: “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per raddoppiare gli alberi e il verde pubblico e ridurre il consumo di suolo” con le seguenti risultanze: 456.359 “SI” e 21.089 NO” per un totale di 477.448 voti;

- la partecipazione alla votazione del 49,15% degli aventi diritto e conseguentemente la validità del quorum previsto per il referendum n. 3: “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per conservare il futuro parco dell’area EXPO” con le seguenti risultanze: 455.003 Sl” e 21.360 “NO’ per un totale di 476.363 voti;

-la partecipazione alla votazione del 49,15% degli aventi diritto e conseguentemente la validità del quorum previsto per il referendum n. 4: “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per il risparmio energetico e la riduzione della emissione di gas serra” con le seguenti risultanze: 454.232 Sl” e 22.461 “NO” per un totale di 476.693 voti;

- la partecipazione alla votazione deI 49,15% degli aventi diritto e conseguentemente la validità del quorum previsto per il referendum n. 5: “Richiesta di referendum consultivo d’indirizzo per la riapertura del sistema dei Navigli milanesi” con le seguenti risultanze: 451.085 “SI” e 27.077 “NO” per un totale di 478.162 voti.

Al presente decreto sarà data la necessaria pubblicità.

IL SINDACO
Giuliano Pisapia

Pontida 2011, più passato che futuro di Paolo Agnelli

«Pontida 2011: non certo l'appuntamento politico che molti si aspettavano, ma la solita festa folkloristica, di cui ha bisogno un partito come la Lega per rinnovare il proprio credo e la propria tradizione, una carnevalata a partire dal giuramento dei neo-sindaci e i cavalieri templari a benedire la cerimonia. Quanto ai programmi del prossimo futuro, spazio a panem (tradizione) e circenses (proposte populiste). Ma questa volta potrebbero non bastare ad un popolo che si annoia ad ascoltare il proprio leader parlare di crisi greca e invoca la libertà.»
By fareitalia Mag
Doveva essere una mattinata importante per i leghisti accorsi a Pontida ma anche per il governo.

Gli striscioni critici, i militanti incazzati, come direbbe il Bossi dei tempi che furono, i tanti temi all'ordine del giorno: la guerra in Libia, il federalismo, le quote latte.

Nessuno soddisfatto per l'operato di un governo che ormai è sentito lontano dai problemi del nord, tanti i desiderosi di quella libertà che l'andare da soli darebbe alla Lega Nord, pochissimi disposti ad ammettere che senza Berlusconi molte cose non si sarebbero potute realizzare e soprattutto che senza di lui non si potrà andare da nessuna parte. Altissime quindi le aspettative, per la maggior parte deluse.

Una base confusa, forse, impaziente anche durante il discorso di Umberto Bossi, vecchio leader che non sembra più capace di tenere le fila di un popolo che grida ancora “secessione” e “Padania libera” e che spera in Maroni presidente del consiglio il più presto possibile.

Ovunque i banchetti per la raccolta firme per lo spostamento dei ministeri al nord, una delle tematiche più scottanti e forse più sentite dal popolo leghista diviso tra chi quegli stessi ministeri avrebbe voluto chiuderli da anni nella lotta contro la burocrazia e il centralismo romano, e chi, invece, vede in tutto ciò l'occasione per spartire posti o dimostrare la diversità padana nella selezione dei dipendenti e dei dirigenti ministeriali. Una proposta che sembra essere inconsistente e populista e che non convince nemmeno gli elettori più attenti, una facile quanto inutile conquista per avere quel placebo temporaneo e dimostrare, ancora una volta, che il celodurismo della Lega vince sempre.



domenica 19 giugno 2011

Costruire il futuro di una città globale


La Giunta ha approvato le Linee programmatiche| 75 Kb del mandato. Un modello declinato in dieci punti che mirano allo sviluppo economico, sociale, culturale e intergenerazionale della città
Milano, 16 giugno 2011 - La Giunta guidata dal Sindaco Giuliano Pisapia ha approvato ieri, 15 giugno, il testo con le "Linee programmatiche" relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato. Obiettivo generale dell’azione di governo per i prossimi cinque anni sarà costruire il futuro di una città globale, coesa e protagonista di un nuovo sviluppo economico, sociale, culturale, intergenerazionale per realizzare una Milano che accoglie e valorizza la tradizione di solidarietà ospitale ambrosiana e la grande risorsa di una società civile aperta e inclusiva. Un modello declinato in dieci punti di progetto.
Linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato

La visione generale
Obiettivo generale dell’azione di governo per i prossimi cinque anni sarà costruire il futuro di una città globale, coesa e protagonista di un nuovo sviluppo economico, sociale, culturale, intergenerazionale. Sarà una Milano che accoglie e valorizza la tradizione di solidarietà ospitale ambrosiana e la grande risorsa di una società civile aperta e inclusiva.

Un modello declinato nei seguenti dieci punti di progetto.

venerdì 17 giugno 2011

Milano Consiglio comunale in diretta

Lunedì 20 alle 16:30

Consiglio comunale in Diretta

sul maxi schermo

Per Diretta video clicca Qui

Per consentire ai cittadini di seguire la prima seduta sarà allestito uno schermo in Sala Alessi a Palazzo Marino e uno in Piazza San Fedele. In Piazza Scala si potranno seguire i lavori grazie a un altoparlante che trasmetterà la diretta radiofonica. Infine sul sito del comune si potrà vedere il video live della seduta

Ecco il Comunicato


Milano, 17 giungo 2011
- Centocinquanta giornalisti accreditati per un'ottantina di testate, due maxischermi per la diretta oltre a quella via web: sono i numeri della prima seduta del consiglio comunale di Milano, in programma lunedì 20 alle 16:30, quando debutterà in aula il sindaco Giuliano Pisapia. Per il dispiegamento di mezzi e persone la riapertura dei lavori dell'assemblea cittadina si preannuncia come un evento mediatico senza precedenti nella storia di Palazzo Marino.

Da dove seguire il Consiglio comunale:
Per consentire a tutti i giornalisti di seguire la seduta, oltre alla tribuna dell'
Inserisci linkaula (riservata solo a un cronista per testata) sarà allestito uno schermo nella vicina Sala Alessi a Palazzo Marino. Per il pubblico sarà approntato un maxischermo in piazza San Fedele. Mentre sull'altro lato del municipio, quello di Piazza Scala un altoparlante trasmetterà la diretta radiofonica della seduta. Sul sito del Comune di Milano sarà possibile seguire la diretta video in streaming.

"'Mi piacerebbe ancora una volta - è stata la chiamata via web dello stesso Pisapia - vedere le due piazze piene di cittadini milanesi che vogliono, insieme a me, cambiare Milano". Lunedì il Consiglio comunale sarà impegnato, dopo il solenne giuramento del sindaco, all'elezione del presidente del consiglio comunale, ruolo affidato pro tempore all'ex vicesindaco Riccardo De Corato in qualità di consigliere anziano.

Da lunedì inoltre l'aula di Palazzo Marino avrà un aspetto leggermente diverso dal passato. In virtù della norma che ha ridotto da 60 a 48 i consiglieri, una squadra di operai rimuoverà domani l'ultima fila con i 12 scranni non più necessari. Si tratta del primo intervento sull'assetto della sala dalla sua inaugurazione nel 1954.

giovedì 16 giugno 2011

Pisapia incontra Shalom Simhon


Il sindaco ha incontrato a Palazzo Marino il ministro dell'Industria di Israele, che parteciperà al primo business forum italo-israeliano in programma oggi a Palazzo Mezzanotte

Milano, 15 giugno 2011 - Questa mattina il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha incontrato a Palazzo Marino il ministro dell’Industria, del Commercio e Lavoro dello Stato di Israele Shalom Simhon. Dopo i saluti iniziali, si è parlato del consolidamento degli scambi commerciali tra la città di Milano e lo Stato d’Israele, in particolare in campo tecnologico. Il ministro Simhon ha ribadito il proprio interesse a collaborare per Expo 2015, evento per il quale Israele ha già confermato la propria partecipazione.

Dal 13 al 23 giugno, a Milano si tiene Unexpected Israel evento che spazia dalla tecnologia alla cultura, dall'economia al turismo. In piazza Duomo 15 torri multimediali diffonderanno contenuti audio e video, facendo da cornice a un insieme di iniziative che presenteranno il Paese ospite nel suo insieme. Domani al Teatro Nuovo, è invece in programma un talk-show con lo scrittore David Grossman e la cantante Noa

mercoledì 15 giugno 2011

Le deleghe della Giunta Pisapia

Il Sindaco ha definito le competenze degli assessori e in occasione della prima riunione, sono state effettuate le prime delibere Delibere della Giunta
| 68 Kb
Ecco il documento:
«Milano, 15 giugno 2011 – “La scelta dei nomi e delle deleghe dei componenti della Giunta si è basata sulle qualità: competenza, merito e generosità nei confronti della città. Ringrazio il vice Sindaco e gli assessori per la disponibilità nel mettersi al servizio dei milanesi, augurando a tutti noi di svolgere il miglior lavoro possibile per il rilancio di Milano”.

Lo ha detto il Sindaco Giuliano Pisapia, che ha nominato il vicesindaco e gli assessori comunali e conferito loro le seguenti deleghe:

MARIA GRAZIA GUIDA, Educazione, Istruzione, Rapporti con il Consiglio comunale, Attuazione del Programma

DANIELA BENELLI, Area metropolitana, Decentramento e Municipalità, Servizi civici
- Rapporti istituzionali fra Sindaco, Giunta e Consigli di Zona e sviluppo delle municipalità
- Stato civile, anagrafe, elettorale, servizi funebri e cimiteriali

CHIARA BISCONTI, Benessere, Qualità della vita, Sport e Tempo libero
- Politiche dei tempi e degli orari della città e politiche di benessere territoriale
- Grandi eventi sportivi
- Promozione dell’attività sportiva
- Sostegno e promozione delle società sportive e delle associazioni sportive
- Sviluppo di manifestazioni e iniziative per il tempo libero

STEFANO BOERI, Cultura, Expo, Moda, Design
- Politiche per la cultura
- Grandi eventi
- Promozione, valorizzazione, diffusione della manifestazione prevista nel 2015 e condivisione dei suoi risultati
- Moda e design

LUCIA CASTELLANO, Casa, Demanio, Lavori pubblici
- Definizione delle politiche per la casa
- Indirizzo e controllo dell’attività gestionale relativa al demanio e patrimonio
- Definizione delle politiche per la programmazione delle opere pubbliche
- Progettazione e realizzazione opere pubbliche e grandi opere

FRANCO D'ALFONSO, Commercio, Attività produttive, Turismo, Marketing territoriale
- Definizione delle politiche per la promozione e lo sviluppo delle imprese industriali, dei settori produttivi, del commercio, dell’artigianato, delle attività produttive agricole, delle attività finanziarie, dei servizi e delle libere professioni
- Valorizzazione del ruolo e dell’immagine della città di Milano
- Potenziamento del turismo

LUCIA DE CESARIS, Urbanistica, Edilizia privata
- Definizione delle politiche di pianificazione e sviluppo del territorio
- Monitoraggio e controllo dell’attuazione dei piani urbanistici

MARCO GRANELLI, Sicurezza e Coesione sociale, Polizia locale, Protezione civile e Volontariato
- Definizione delle politiche per le attività di Polizia locale, sicurezza, coesione sociale, protezione civile e volontariato

PIERFRANCESCO MAJORINO, Politiche sociali e Servizi per la Salute
- Definizione delle politiche sociali per il sostegno alle famiglie, agli anziani, alle persone a rischio di emarginazione con particolare riferimento al Piano di Zona
- Promozione di politiche per favorire l’integrazione e l’inserimento degli immigrati, ricongiungimento familiare
- Promozione e sviluppo di politiche della prevenzione sanitaria e di interventi a favore dei diversamente abili (educazione sanitaria, educazione nutrizionale, ecc).

PIERFRANCESCO MARAN, Mobilità, Ambiente, Arredo urbano, Verde
- Definizione delle politiche di mobilità e trasporti, pianificazione infrastrutture
- Governance dell’acqua
- Definizione delle politiche relative al miglioramento dei servizi di smaltimento rifiuti e pulizia della città
- Definizione delle politiche per la riqualificazione dell’arredo urbano e delle aree a verde

BRUNO TABACCI, Bilancio, Patrimonio, Tributi
- Definizione delle politiche relative a entrate, uscite, investimenti e mutui
- Definizione delle politiche relative ai tributi locali ed indirizzo e controllo sulla pubblicità

CRISTINA TAJANI, Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e Ricerca
- Definizione delle politiche del lavoro e dell’occupazione, per creare lavoro e dare lavoro ai giovani, agli adulti, alle donne, agli immigrati, ai disabili
- Indirizzo e controllo sulle attività della Fondazione “Welfare ambrosiano”

Al Sindaco Giuliano Pisapia rimangono in capo le competenze relative a: Partecipate, Innovazione e Agenda digitale, Giovani, Relazioni e Cooperazione internazionale, Pari Opportunità, Comunicazione, Tutela e Difesa degli Animali, Risorse umane, Avvocatura, Facility management.
»


martedì 14 giugno 2011

Il discorso di Giuliano Pisapia al Bie di Parigi



Ecco il discorso di Giuliano Pisapia al Bie di Parigi:
14 febbraio 2011

Signor Presidente dell’Assemblea Generale,
Signor Segretario Generale,
Rappresentanti dei Paesi membri del BIE,

E’ un grande onore e piacere per me prendere parte all’Assemblea Generale del Bureau International des Expositions -BIE- in qualità di neo – Sindaco della Città di Milano, la Città che ospiterà nel 2015 l’Esposizione Universale.

Vorrei aprire il mio intervento con una due semplici parole: impegno e responsabilità. La nuova amministrazione è già pronta a contribuire al successo sostegno di Expo Milano 2015, il principale evento internazionale che l’Italia ospiterà nei prossimi anni e che quindi rappresenta una straordinaria occasione. Per Milano, per l’Italia e per il mondo.

Leggi tutto

venerdì 10 giugno 2011

Ecco la nuova giunta comunale

10 giugno 2011 - Presentata la nuova giunta comunale
Oggi alle 16.00 a Palazzo Marino in Sala Alessi è stata presentata la nuova giunta comunale, composta come segue:






Giuliano Pisapia, SindacoPartecipate, Innovazione, Risorse umane e organizzazione, Giovani, Agenda digitale, Sistemi informativi, Avvocatura, Facility management, Comunicazione, Sistema di gestione della qualità
Maria Grazia Guida, Vice sindacoEducazione e Istruzione, Rapporti con il Consiglio comunale, Attuazione del programma
ASSESSORI

Daniela Benelli
: Area metropolitana, Decentramento e municipalità, Servizi civici

Chiara Bisconti
: Benessere, Qualità della vita, Sport e tempo libero

Stefano Boeri
: Cultura, Expo, Moda, Design

Lucia Castellano
: Casa, Demanio, Lavori pubblici

Franco D’Alfonso
: Commercio, Attività produttive, Turismo, Marketing territoriale
Lucia De Cesaris: Urbanistica, Edilizia privata
Marco Granelli
: Sicurezza e coesione sociale, Polizia locale, Protezione civile, Volontariato

Pierfrancesco Majorino
: Politiche sociali e servizi per la salute

Pierfrancesco Maran
: Mobilità, Ambiente, Arredo urbano, Verde

Bruno Tabacci
: Bilancio, Patrimonio, Tributi

Cristina Tajani
: Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca
ORGANI DI GARANZIA
VALERIO ONIDA :
Autorità per le Garanzie civiche (partecipazione e trasparenza).
Si avvarrà della collaborazione dell’Avv. Umberto Ambrosoli
PIERO BASSETTI:Consulta per l’internazionalizzazione del Sistema Milano

Per Saperne di più, clicca Qui

giovedì 9 giugno 2011

La prima sfida: laboratorio di classe dirigente


Mondoperaio n.7/luglio 2011


Milano chiama Italia.


Un’ipoteca sul cambiamento della parola “sinistra”


Cronaca di un successo per nulla annunciato


Stefano Rolando


Ho formulato prime riflessioni sull’esito del voto a Milano sulle colonne del Riformista – proprio all’indomani – partendo da una “novità” della rappresentazione di sé della sinistra milanese.


Più di una voce a Milano, infatti, tra cui quella di Giuliano Pisapia nella prima dichiarazione di accoglienza del risultato trionfale, nella necessità di definire con una parola l’identità del complesso schieramento dei vincitori, ha detto “i riformisti”. Torno volentieri sull’argomento – utilizzando brani di quel testo per ampliarli con altre sottolineature e altri spunti – su Mondoperaio, rivista che ha dedicato tutto il biennio della sua “nuova serie” a indagare se, sulle ceneri della prima repubblica e dei partiti che hanno caratterizzato la rappresentanza progressista in quegli anni, sta sorgendo e potrebbe sorgere qualcosa di post-ideologico ma non di post-politico in grado di riprendere consenso e porsi alla guida non effimera e dunque anche “identitaria” del governo del paese. Argomento che – semplificando il dato politico, come fanno abitualmente i corrispondenti della stampa estera – le maggiori testate internazionali (cominciando da Philippe Ridet di Le Monde) colgono nelle elezioni di maggio, con una punta di dubbio sulla capacità di connessione nazionale di fenomeni legati alle sperimentazioni locali, alle culture difformi delle città.


Come ben si sa, fino a pochi anni fa la parola “riformisti” connotava (a malapena) i socialisti, ed era sovente tacciata a sinistra come una parolaccia. Rispetto ai modi di caratterizzare le sinistre, sentire oggi che a Milano hanno vinto “i riformisti può far pensare che ciò corrisponda ad un casuale rimando alla tradizione amministrativa della città nella storia nel novecento fino al 1993 – cioè prima del governo locale delle varie “destre” – e dunque al bisogno di una “radice” per esprimere comunicativamente, cioè in modo riconoscibile per la città, la sorpresa del cambiamento. Ma può anche far pensare che questa espressione contenga – rispetto all’oggi – l’unico baricentro di cultura politica praticabile per dare volto al cambiamento. Un cambiamento che durerà almeno cinque anni, anni essenziali rispetto all’internazionalizzazione di Milano fattore di salvezza dell’Italia e rispetto ai laboratori che questa città sta innescando: la coesione di vaste masse di immigrazione integrata nei processi produttivi; la soluzione di scelte di eco-sostenibilità che sono una strategia stessa per l’organizzazione urbanistica delle nostre città; il rilancio della capacità del territorio (risolvendo in chiave sensata il federalismo fiscale) di essere di nuovo fattore di attrazione di risorse; il ritorno della legalità nelle dinamiche pubblico-privato e nel rapporto tra denaro pubblico e gruppi di pressione; la compenetrazione della crescita dell’edilizia in una visione equa ed equilibrata della fisionomia sociale ed ecologica della città. Poste in gioco (queste e altre) talmente importanti che un nome alla stagione che si sta avviando ci deve pure essere. Proviamo a vedere se la parola “riformisti” ha senso e preannuncia tenuta.



Un passo indietro


Allora “a Milano hanno vinto i riformisti”? I socialisti abituati ad avere ragione in ritardo, questa volta l’avrebbero da morti. Infatti non è una ricostituita forza socialista, baricentro ideale di una composita coalizione, che ha vinto le elezioni amministrative più simboliche degli ultimi venti anni. Anzi, queste elezioni segnalano una sorta di dissoluzione ulteriore dei socialisti come forma partito. La tradizione comunista a Milano ha avuto una lunga stagione di collaborazione di governo con i socialisti. Negli anni ’70 e negli anni ’80 la parola “riformisti” pur impiegata con aggettivi dissimili, pur sottintendendo vocazioni storiche diverse, ha offerto una condizione che è stata riconosciuta a lungo come maggioritaria dagli elettori. La lacerazione è negli anni ’90 quando i comunisti evolvono in forma camaleontica sul territorio anche elettorale dei socialisti incoraggiandone in varie forme l’espulsione. Una parte dei socialisti trova rifugio, nel bombardamento, a destra, dove conserva un po’ penosamente l’auto-definizione di “riformisti” che – come tutte le definizioni di sapore ideologico - Berlusconi tratta solo come una etichetta elettorale senza darvi né valore né riconoscibilità. Un’altra parte dei socialisti, tenuta fuori dalla nascita e dall’evoluzione del PD, non riesce più a dare dignità elettorale a quell’espressione, facendola altrettanto penosamente coincidere con percentuali irrisorie. A poco a poco la parola riformista finisce di essere una forte connotazione di minoranza combattente, contro il dogmatismo comunista e contro la palude democristiana, e diventa una generica attribuzione di schieramento più accettabile che cascare nello scontro verbale di Berlusconi che preferirebbe chiamare i suoi avversari “sinistra”.


Eppure erano stati proprio i socialisti riformisti ad immaginare – già negli scricchiolii di sistema dell’inizio degli anni ’90 – un tentativo di superare definitivamente i contenitori ideologici del ‘900. Anche quello della socialdemocrazia che – dopo il trionfo degli anni ’80 – faceva presagire crisi e involuzione per perdita di analisi del cambiamento sociale dell’Europa con più consumismo e meno welfare. Furono infatti i socialisti italiani ad immaginare per primi la costituzione di un partito democratico sul modello americano (modello identitario non modello di partito), anticipando appunto la crisi della socialdemocrazia europea in una aggregazione progressista per leggere il cambiamento della società post-industriale e per promuovere una nuova alleanza tra lavoratori e ceti produttivi. Soprattutto per spaccare il blocco sociale generato dalla nuova destra italiana tra borghesi della rendita e piccolo-borghesi e proletari accecati dalla consolazione televisiva (essendo dall’origine la tv il vero partito di Berlusconi). Quell’intuizione non ebbe né il tempo né la forza di esprimersi. Il PD fu avviato come sommatoria di residui PCI e DC, i tentativi di generare una gamba con le forze laiche della prima repubblica produsse solo l’adesione di un piccolo notabilato. La marginalità del carattere liberal, in particolare a Milano, ha poi accentuato una vocazione alla sconfitta nella sinistra perché la vittoria in politica nasce quando il nuovo, cioè la proposta, non ha paura della propria storia.



L’anticamera della rivoluzione


Da Borghini (1993) a Pisapia (2011) scorre questo fiume. Che vi fosse il guado nel 2011, che la traversata delle acque infide fosse finita con un approdo, non era cosa per nulla chiara. Né considerata come elemento di certezza nell’avvio della campagna elettorale per le municipali contro un sindaco uscente con un nome altisonante, naturalmente portato a chiedere il secondo mandato dopo aver portato a Milano l’Expo nel primo. Anzi, la sinistra italiana – locale e nazionale – a primarie avviate dava per scontato che Letizia Moratti avrebbe rivinto a mani basse. Inutile star lì a perdere tempo con le definizioni. Sinistra democratica, sinistra radicale, sinistra riformista, Sinistra-Centro, Centro-Sinistra, Ulivo, vattelapesca : meglio neppure investire sulle etichette perché quella del 2011 non sarà ancora l’etichetta buona. Non facciamo l’elenco – che sarebbe lungo – di tanti perspicaci politici e osservatori nazionali di tendenza centro-sinistra che a Roma davano per certa la conferma della Moratti, pur dopo l’affermazione di Pisapia alle primarie.


L’unico ad avere per tempo segnali diversi era Berlusconi, a cui i sondaggi riferivano di un sindaco poco popolare, di risultati amministrativi non eclatanti, di un sentimento di irritazione nel mondo cattolico e nella borghesia ancora incerto nel focalizzarsi politicamente. La valutazione al primo turno del valore elettorale della coalizione attorno al nome di Letizia Moratti stava in un foglietto di pochi centimetri quadrati nelle mani del premier: Milano 40%. Due ipotesi: sostituire la Moratti oppure scendere in campo di persona. Impossibile la prima scelta, combattuta la seconda (presa il giorno in cui Mannheimer segnalava la discesa del consenso personale del premier in Italia dal 58% dell’anno precedente al 33%).


A Milano le primarie del centro-sinistra (uno dei fattori di democrazia “interna” che questa volta farà la differenza anche per l’elettorato non schierato) profilavano tre esponenti di spessore culturale e civile, preludevano ad un risveglio partecipativo e promettevano sorprese: il popolo del centro-sinistra avrebbe ringraziato con un certo consenso un architetto professionista, Stefano Boeri, di rinomata famiglia, di rilievo culturale (direttore di “Abitare” oltre che progettista in vista) espressione - ancora come indipendente - del PD, ma per questa appartenenza (scontando il grigiore di Penati e lo sconfittismo decennale) non meritevole di successo; avrebbe dato persino un riconoscimento imprevisto al presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, storico costituzionalista della Statale e padre anche dello Statuto del Comune (oltre il 13%); ma avrebbe decretato il successo del vero outisder, Giuliano Pisapia, sostenuto in primo luogo da SEL in una composizione di alleanze all’insegna non solo della discontinuità della rappresentanza della sinistra ma anche della riconoscibilità di una figura seriamente alternativa al ceto politico arrogante di ogni nomenklatura (di destra e di sinistra) in sintonia con un‘onda montante nella città e nel paese, con una colonna vertebrale costituita dal ritorno sulla scena del protagonismo civile delle donne. Appoggiato dall’inizio – sia detto su queste colonne – da alcuni socialisti di visione europeistica e riformista che hanno colto prima di altri le potenzialità del suo profilo.



Il teatro del confonto


Dunque la competizione a Milano si caratterizza ai primi dell’anno con questo scenario simbolico.



  • Il centro-destra soffoca malumori e conflitti, segnatamente quelli tra PdL e Lega, ma anche quelli tra Comune e Regione, quelli tra ciellini e pretoriani, quelli ancora più gravi tra ceto politico e cortigiani del premier. Con un candidato – forte più che altro del nome di famiglia e della propria capacità finanziaria - che ha una rendicontazione amministrativa sostanzialmente incompiuta (salvo l’approvazione in extremis di un pur discusso e criticato PGT) ; con l’Expo fonte di flop gestionali; con una sopraggiunta crisi di immagine per palesi irregolarità denunciate dai radicali alle elezioni regionali del politico di maggior riferimento, il presidente della Regione Roberto Formigoni e successivo attacco del Corriere della Sera al presidente della Provincia Guido Podestà sospettato (due pagine intere nazionali) di clientelismo.

  • Il centro-sinistra, tonificato dalla primarie, con un candidato rispettato nella città (politicamente dalla sinistra, socialmente anche dalla borghesia), in frenetico lavoro partecipativo (le Officine), ma non accreditato né dalla politica nazionale e neppure dai votanti del centro-sinistra milanese di potercela fare.

La data spartiacque è il 13 febbraio. Piazza Castello non basta a contenere l’invasione allegra, ferma, civilissima delle donne (accompagnate spesso da mariti, fidanzati e fratelli) di “Se non ora quando” segnalando una condizione di bottom up non prevista dai media e neppure dai sociologi. Una sorta di imprevedibile rivolta borghese di tipo “mediterraneo” che lascia il segno, mette in difficoltà l’elettorato femminile del centro-destra, fa emergere come caso politico nazionale il divorzio tra società e premier in materia di concezione della donna e della parità dei sessi. Due settimane dopo Giuliano Pisapia si presenta al Teatro Dal Verme, il 26 febbraio, in quel clima, per illustrare la sua campagna. Rimette insieme – malgrado ovvie tensioni – la terna delle primarie sul palco. Fa presentare i programmi delle Officine a tre giovani donne. Chiede alla borghesia milanese di dargli fiducia e di partecipare alla nuova elaborazione, facendo parlare (con applausi non scontati di migliaia di militanti della sinistra) un asciutto e non demagogico Piero Bassetti. Unisce il vincitore di Sanremo Roberto Vecchioni e si limita a proporre la sua gentilezza come driver della direzione del nuovo vento. Un successo clamoroso.



La radiografia del successo


Se ora – a risultato acclarato - si può parlare di “laboratorio possibile” a Milano, se addirittura si può immaginare un segnale forte offerto al paese, insieme agli esiti di molte altre città, come occasione di riconsiderazione delle dinamiche maggiori della politica italiana, bisogna partire dal comprendere meglio proprio il successo del nuovo sindaco.


Se Napoli si presenta in questo contesto come la fotografia opposta di Torino (Torino la città in cui destra e sinistra sono compostamente rappresentate ancora da partiti, che esprimono fisiologicamente classe dirigente nel nome alla fine di Piero Fassino; Napoli la città che cerca con la spinta soprattutto dei giovani e dei giovanissimi di spazzare via tanto i partiti di centro sinistra quanto quelli di centrodestra ricorrendo ad un sindaco vendicatore come Luigi De Magistris), Milano si va configurando come un contesto intermedio. I partiti non bastano a promuovere consenso, ma senza partiti non si organizzano le condizioni di gestione democratica del consenso.


Così Pisapia prende le mosse della sua campagna mettendo insieme la più ampia coalizione possibile di partiti. Ma subito dopo sollecita l’emersione di un nuovo blocco sociale tra cittadini reputati, associazionismo interclassista fino a fare intravedere nel sociale un allargamento possibile della sua maggioranza. Si caratterizza sempre più come candidato indipendente, continuando a non negare la sua storia e considerandosi espressione di una sinistra con connotazioni libertarie. Non lo rivendica, ma i cittadini sanno che ha sconfitto alle primarie il candidato del PD, partito privo di leadership nel territorio che avendo solo parzialmente investito su gruppi dirigenti davvero nuovi (per età e per metodo), ha fatto la corsa ancora con un professionista civile pur più brillante dei precedenti.


Affronta in condizioni impari la campagna, si dice uno a dieci. Il centro-destra pesa nelle tv e nelle affissioni. Il centro-sinistra è presente sulle radio ed è forte nella rete. Sulla carta stampata è patta, con un po’ di vantaggio per la Moratti che ha più potere di acquisto. La scelta di Berlusconi di espropriare i milanesi e imporre sé come centro referendario della campagna elettorale si rivela infausta. Per “correggerla” vengono compiuti due ulteriori errori : l’utilizzo al ballottaggio di un glaciale ex-sindaco Gabriele Albertini, come se le fotografie poco entusiastiche insieme a Letizia Moratti potessero cancellare i noti dissensi tra i due (rimasti tali), forse per inseguire la falsa pista proposta da Massimo Cacciari per il terzo polo attorno allo stesso Albertini; l’artiglieria di famiglia (il Giornale in testa) che ha puntato ad alzare i toni orchestrando una campagna che ha dipinto Pisapia come estremista, zingarofilo ed eversore. Il faccia a faccia finale negli studi di Sky è la scivolata finale di Letizia Moratti che lo accusa di essere stato un ladro d’auto amnistiato. Non ha visto o non ha voluto vedere tutte le carte processuali che chiudono il dossier con assoluzione con formula piena per non aver commesso il fatto. La mano ritirata per sdegno di Pisapia vale tutta la campagna: gesto d’istinto che sarà accompagnato da una epocale creatività ironica sulle accuse strampalate del centro-destra.


La rete si tinge di arancione (il coloro della lista civica per Pisapia): batterà il potere delle tv. Da parte della Moratti un altro errore fatale in un moderno contesto comunicativo in cui la rete assume un ruolo di crescente importanza, appunto stimato più forte delle tv: quello di immaginare di sostituire la scarsissima partecipazione con i soldi. Nelle pagine dei fan – che attorno a Pisapia incanalano in modo torrentizio giovani e meno giovani, tra componenti di partito e area civica, con arrivo continuo di cittadini comuni – la Moratti balza da 3000 sostenitori a 35 mila nella stessa giornata. Sono le cose che il popolo del web riconosce a vista come false, screditando quei luoghi come inquinati.


Pisapia – che avrebbe sofferto un confronto tecnico sugli aspetti gestionali e amministrativi – dalla campagna ricca e rissosa della Morati esce dal confronto sempre meno estremizzato, più saldo nel suo baricentro di mediazione prudente e allargata. Una sorta di neo-mitterrandismo senza i connotati chiusi di un partito, identificato con la gente, le famiglie delle biciclette, i mestieri normali, i figli portati ai comizi, l’arancione spiritoso, le gag che hanno rovesciato i tormentoni propagandistici della Moratti, il ritrovarsi in piazza o in rete contro la politica artificiale costruita con i soldi e le tv. Soprattutto detonatore di una riscossa borghese contro il provincialismo razzista e per un nuovo sguardo internazionale di Milano (sull’argomento Giuseppe Bedeschi scrive ora – Corriere della Sera, 4 giugno – una lucidissima risposta alla inerte constatazione di Piero Ostellino che Milano ha espresso “due borghesie” ricordando il fondamento interpretativo dello stesso Marx su “la borghesia che – come scriveva Marx – non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l’insieme dei rapporti sociali”). Insomma i tre mesi della campagna elettorale producono un capitale sociale immenso che doveva presupporre doti in chi cercava di conquistarlo. Non le doti classiche dei politici di sinistra “che ci sanno fare”. Neppure le doti da sole dei “novellatori”, tra cui lo stesso Vendola, che una volta (all’Arco della Pace) infiamma gli elettori, ma la seconda volta è meno in sintonia con l’immagine saggia e gentile del sindaco che ha conquistato la maggioranza. In ogni caso Vendola appare a Milano non come un estremista ma come un socialista antico e deamicisiano, più retore che giacobino. Infine Pisapia mantiene la sua caratura di avvocato di tante cause giuste (che gli mantengono la solidarietà dei centro cattolici, della Casa della Carità di don Colmegna e, senza platealità, della stessa Curia che culmina con le dichiarazioni del cardinale Tettamanzi sulla necessità del cambiamento a Milano e l’auspicio di “una nuova primavera”. Un avvocato che permette anche qualche benevolenza da destra perché lontano da ogni giustizialismo ma radicato nella sua cultura garantista.



L’abbozzo del laboratorio


I lettori hanno già capito che razza di laboratorio è abbozzato, che potenzialità si intravedono pur come prime ipotesi. Non sono solo ipotesi però i risultati già acquisiti.


Pisapia ha battuto l’esercito più armato della politica italiana in 65 anni di Repubblica – quello della comunicazione berlusconiana alleata ai soldi dei Moratti – impedendo a ogni soggetto della coalizione di proporsi come luogo egemonico. Anche il PD, votato da un elettore su tre. Bersani ha assunto il saggio comportamento del “no leader party”, senza salire sul palco a fine campagna e rispettando la novità sociale dell’affermazione di Pisapia. L’evoluzione del PD (in cui ha contato anche il ruolo nervoso ma in sostanza coraggioso di Stefano Boeri di stare in gioco sempre, anche in forma comprimaria) è ora – se lo stesso PD si percepirà così - parte del laboratorio. Inoltre Pisapia – confermando la formula “partiti più società” - ha tenuto insieme marxisti e liberali, radicali e verdi, con visibile accoglienza di cattolici e socialisti, allargando al ballottaggio a liberali storici, repubblicani e ampi settori del terzo polo. Ha permesso di distinguere l’appoggio dei salotti dei “soliti noti” dagli appelli nati nelle professioni, nelle università, nelle imprese che hanno fatto affiancare Piero Bassetti al candidato sindaco nell’iconografia simbolica della campagna. Pisapia ha fatto emergere ciò che di storico (ma non dimenticato) e di innovativo (e dunque ancora non protagonista) la città di Milano, distratta ma non sopita, stufa ma non inerte, esprimeva politicamente (partiti e associazioni). Così Gad Lerner, riconsiderando le cose su Repubblica (3 giugno) : “Bisognava esserci , nel giugno 2009, ai funerali del cantautore della sinistra milanese Ivan Della Mea, nel “suo” circolo Arci-Corvetto per ricordare come la rete dell’associazionismo popolare socialista, comunista, cattolico, sessantottino, ramificata lungo più di un secolo nei quartieri cittadini, ha continuato ad esistere. Dimenticata, in attesa che qualcuno le rivolgesse di nuovo parole di impegno e di riscatto”. Questi radicamenti sono stati tante volte catalizzati come serbatoi di voti da candidati costruiti a tavolino ed estranei a questo tessuto. Giuliano Pisapia (grazie allo straordinario lavoro di Paolo Limonta) li ha frequentati, ascoltati, galvanizzati e, per giunta, moderati. Da trent’anni, in realtà, parlando di istituzioni (e quanto è “istituzione” a Milano Palazzo Marino!), questa sinistra aspettava almeno un nuovo Pertini.


Berlusconi ha guidato la campagna del primo turno uscendone con i voti dimezzati e lasciando la Moratti a 7 punti. Qualcuno ha detto non per merito di Pisapia ma per declino del Cavaliere. Alla luce di quanto detto diciamo almeno un “mah!”.


Al ballottaggio si è dato fondo all’indecenza: la Moratti ha risfoderato sorrisi da parata, ma intanto call center finti (ambiguamente istituzionali) per “aiutare a votare gli anziani” ampliavano il marketing elettorale di mercati, ospizi, ospedali. Voci di voti comprati, esplose le affissioni abusive su Belzebù alle porte. Le urne hanno portato il distacco a 10 punti. Qualcuno dirà: non ancora merito di Pisapia ma disperazione della Moratti. Ma via, la verità è che il vento è cambiato, ma qualcuno doveva percepirlo, crederci e interpretare la nuova direzione.


Un dato – offerto con chiarezza dalle urne – stacca il ruolo del neo-sindaco dal sistema dei partiti: 50 mila voti (al primo turno) solo a lui, senza indicazioni poste sulle liste di sostegno e circa 25 mila voti acquisiti dalla lista civica promossa con candidati al di fuori dei partiti. 75 mila voti rispetto ai 45 mila voti che costituiscono il distacco tra Pisapia e Moratti al primo turno. Fosse dipeso dalla “vecchia sinistra”, insomma, essa avrebbe un’altra volta riperso, come ha perso per 18 anni. Vero è che la curva di consenso del centrodestra declina dal 1997 (era 59,8 % ed è arrivata a 44,9%) e quella del centrosinistra, per converso, è sempre cresciuta. Nel 2006 il rapporto era 51,9% a 47,0%. Ora la spallata è arrivata con il “valore aggiunto Pisapia”. Nell’analisi della composizione sociale del voto (Dario Di Vico, su analisi SWG nel Corriere del 31 maggio) si capisce che la “spallata” ha caratteri significativi per il futuro governo della città: Pisapia è avanti al centrodestra di 17 punti nell’area dei professionisti e dei lavoratori autonomi ed è avanti di 20 punti tra i laureati.


A questo punto di una storia corale (piazze, rete, passaparola), viene anche l’idea che ci siano condizioni per parlare di buona amministrazione a Milano (in sé essenziale laboratorio di classe dirigente, pur con serissimi problemi da superare); ma che si possa anche tentare un ancor più difficile disegno, quello sulla riarticolazione della politica della sinistra al plurale in un paese, improvvisamente e comunque anche grazie a Milano, mostratosi civilmente più maturo.


Per “buona amministrazione” non si deve intendere in modo compiaciuto e a-critico che si tratti della “nostra” amministrazione e perciò per definizione faziosa “buona”. Si dovrebbe intendere ciò che Pisapia, nel corso della campagna elettorale, ha chiamato il risultato della “buona politica”. Una politica è buona quando ritrova l’etica e in particolare – se ne è già fatto un cenno - quando riconnette poteri e saperi. Se i saperi non tornano nei ruoli di regia (della politica e dell’amministrazione) il laboratorio si potrà chiamare in tanti modi ma sarà difficile chiamarlo della “buona politica”.


E’ possibile immaginare dunque che un obiettivo del “laboratorio” inteso nella buona politica così concepita permetterebbe anche di affrontare – almeno tendenzialmente – il dato ineludibile degli esiti elettorali: il 37% dei milanesi ha votato per Pisapia, il 30% ha votato per Moratti ma il 33% non ha voluto votare per nessuno.


Rapidamente dopo il ballottaggio sono arrivate anche le analisi dei flussi tra il primo e il secondo turno. Il prof. Roberto D’Alimonte (Il Sole 24 ore, 5 giugno 2011) ha fornito i seguenti dati:


- il terzo polo (36 mila voti per Palmeri al primo turno): 20 mila hanno votato Moratti, 12 mila hanno votato Pisapia, 4 mila non hanno più votato;


- elettori di centro-sinistra al primo turno, che avevano votato Pisapia: 12 mila hanno votato per la Moratti al ballottaggio;


- elettori di centro-destra al primo turno,che avevano votato Moratti: 19.000 hanno votato Pisapia al ballottaggio;


- dunque il saldo nei due sensi è di 7000 elettori a favore di Pisapia;


- i “grillini” (22 mila voti per Calise al primo turno): 13 mila hanno votato Pisapia, 3 mila hanno votato Moratti, 6 mila non hanno più votato;


- dei 9 mila voti sparsi per altri candidati sindaci al primo turno: 4 mila sono andati a Pisapia, 5 mila alla Moratti;


- tra chi non ha votato nessuno al primo turno, Pisapia ha recuperato 11 mila voti, la Moratti 2 mila.




Il fiancheggiamento della borghesia milanese


Si è già scritto di questo profilo della campagna e ha fatto molto notizia l’operazione testimoniale e partecipativa di circa duecento rappresentanti non dei salotti ma delle professioni (università, scienza, ricerca, impresa, giustizia, economia) catalizzate da Piero Bassetti attorno alla formula Iniziativa per il 51 per cento (fino al primo turno) e Iniziativa oltre il 51 per cento (dal ballottaggio in poi) per aggiungere ancora qualche annotazione guardando alla prospettiva. La “notizia” in senso giornalistico è venuta dal fatto che quel mondo era considerato rappresentabile e in realtà rappresentato da una figura come Letizia Moratti, lasciando poi che Umberto Eco o Dario Fo firmassero appelli per qualunque candidato la sinistra cercasse di opporre alla versione ambrosiana del berlusconismo. La spaccatura di questo fronte (le “due borghesie” ricordate nelle citazione di Ostellino) si deve intanto alla discesa in campo di una figura significativa dello stesso mondo (avvocato di primo piano, figlio di un grande giurista, famiglia borghese reputata) ma soprattutto si deve all’aver fatto prevalere il centro-destra nel radicamento della classe dirigente amministrativa figure espressione degli apparati di partiti improvvisati (tanto la Lega quanto il PDL, fatta salva la componente di CL che ha mantenuto attenzione nella selezione) con gli inquinamenti vistosi del “caso Minetti” in Consiglio regionale (in realtà ben più della singola Minetti, che tuttavia ha avuto valenze emblematiche e di scossa nel centro-destra anche per la coraggiosa opposizione viscerale creata da una giovane militante del PDL, Sara Giudice, che ha segnalato un diritto al dissenso che nessuno osava esprimere). Si aggiunga la sensazione, circa la modalità di gestione del rapporto tra economia e cultura, di saperi sempre meno coinvolti nei poteri per far intendere a molti che il senso di marcia della città (obbligata alla competizione, obbligata all’internazionalizzazione, obbligata all’innovazione) mancava di motore e per lo più – limite anche personale della Moratti – di capacità di racconto. Questo fiancheggiamento è stato, dunque, vivissimo, persino passionale, come una sorta di risveglio civile e con il bisogno di “dire la propria” non solo genericamente ma anche specificatamente su alcuni aspetti delle politiche pubbliche. Dibattiti sul PGT e l’urbanistica, sui destini dell’Expo, sul rapporto tra ambiente e qualità della vita, sul tema giovani e anziani, sul profilo della dimensione culturale della città, sull’immigrazione e le politiche di coesione,eccetera. Si è così creata una condizione di “ascolto” che Pisapia ha utilizzato come leva elettorale, ma si sono anche poste premesse di equilibri nel sostegno della città al sindaco che ora devono trovare forme di traduzione nel concreto amministrativo, pena vedere quella fiducia di nuovo ritirarsi con il doppio rischio di perdere un fattore qualitativo della “maggioranza” e far crescere – oltre alla soglia che la città ormai tollera – la presenza dei partiti nelle dinamiche decisionali delle istituzioni locali.



Squadra e gruppo dirigente


Tutti i caratteri politici e simbolici che un’elezione fa emergere attorno alla figura di un candidato eletto devono poi tradursi in “racconto”. Racconto individuale, perché la leadership istituzionale di un sindaco viene da lontano, sopravvive a qualunque crisi delle istituzioni e resta patrimonio di una bilateralità tra cittadini e poteri che fa anche di una metropoli un “borgo umorale”. Racconto collettivo, perché gli atti conseguenti agli annunci dipendono dalla squadra (quella politica e quella manageriale) che si è formata.


Mentre si scrive non tutti i nodi sono sciolti. Tre fattori sembrano tuttavia evidenti:


- un terzo del Terzo polo ha scelto Pisapia al ballottaggio, oltre la metà ha scelto la Moratti; la scelta di Bruno Tabacci, esponente minoritario ma di larga popolarità del Terzo Polo di entrare in squadra con Pisapia è l’assunzione responsabile di un dato in sé appunto minoritario, ma con forza simbolica locale e nazionale molto alta che potrebbe sbloccare anche il rischio di paralisi di un soggetto politico che pure sconterà conflittualità ma finirà per essere partecipe di un cambiamento a più larga maggioranza e dunque di grande senso sperimentale;


- i partiti non entrano in giunta secondo le vecchie formule dei numeri di telefono, cioè pro-quota matematica dei voti raccolti e con la forma delle delegazioni di parte; ciò sottolinea il carattere dialettico tra le rappresentanze partitocratiche e la proposta di un consenso trasversale e riassuntivo che il Sindaco esprime con l’intelligenza dello stesso Sindaco di non fare pesare la “propria quota” che pure assicurerebbe un lotto non trascurabile di posti;


- la formula delle primarie, ove attuata con trasparenza e libera partecipazione, si riflette non solo fino all’avvio della campagna elettorale ma accompagna anche il metodo di ricomposizione di forze ed esponenti che si sono confrontati con antagonismo e che dimostrano – malgrado inevitabili scintille – di non poter tradire il mandato più sottile e fiduciario degli elettori, non quello delle rappresentanza ma quello della leadership.



Conclusioni (qualche ipotesi)


La conclusione di questa cronaca di un successo per nulla annunciato tiene conto del profilo in sé di una città che ha recuperato un patto di ritorno alla politica per giovani e anziani, rinsaldando piazze e studi professionali, biciclette e mezzi pubblici, residenti ed immigrati. Per Marina Terragni (Il Foglio, 3 giugno) donne, giovani, non violenza, i punti di forza che nutrono il distacco tra Pisapia e Moratti. Milano non sarà stata né “espugnata” né “liberata” – parole un po’ eccessive nella democrazia dell’alternanza avocate nell’euforia dell’annuncio dei risultati, poi riposte - – ma è certo che un consolidato blocco di potere è crollato contro le previsioni. Espellendo i miti infranti e il loro circo, perché a Milano è un “circo” quello dei La Russa, delle Santanchè, della nuova (ora propriamente) Milano da bere, con un seguito sociale per nulla esiguo e forse tuttora per nulla disposto a perdere la platealità che ha avuto per anni. Ma dovrà ricostituire una leadership. Tra l’altro Letizia Moratti – sobria per educazione – non ha salvato la sua autonomia di immagine rispetto a quella imposta da un partito arcorizzato. Che ha finito anche per venire ai ferri corti con la Lega. Non solo per stile ma anche per l’onda di sottrazione di consensi che – guardando più ampiamente alla Padania – è pesante per una Lega che si credeva in crescita.


D’altro canto nel centro sinistra si apre il capitolo della formazione di un gruppo dirigente – ai preliminari, mentre si scrive – che è un profilo su cui le alleanze sociali maturate in campagna elettorale non tarderanno a dare convinti consensi o dissensi senza sconti (Piero Bassetti ha parlato di “coro greco” in funzione, che come si sa non tace facendo tappezzeria ma approva o disapprova rumorosamente; e insieme a lui altri protagonisti del dibattito – come Marco Vitale – hanno annunciato libertà di giudizio e di critica, per segnalando subito consenso a Pisapia per essersi smarcato da Vendola aprendo a Tabacci). Dunque sfida molto impegnativa che Pisapia sta impostando con il massimo di potere personale per condurre le trattative secondo le sue regole. Ma il cui esito finale sarà interessante circa la piega del “laboratorio” che deve segnalare istituzioni non soffocate dai partiti ma anche un clima di rigenerazione dei partiti stessi. Si è anche creato un clima di altissime aspettative – di metodo, di relazione, di partecipazione – in relazione a cui non c’era una preparazione per disporre di rapide procedure di accoglienza all’altezza dei nuovi sentimenti generati. Un argomento da non sottovalutare e attorno a cui dovranno essere date risposte nuove non di “aggiusta mento” ma di vera comprensione del valore moderno della democrazia partecipativa.


Una lezione (Milano,Napoli, Cagliari ma anche altre città) riguarda certamente la comunicazione politica. Quella legata alle opzioni nazionali è ancora dominata dalla tv. Qui il “contenitore città” è stato soggetto del cambiamento anche perché ha fronteggiato le tv con le dinamiche molecolari proprie di una città: la rete, intanto, che virtualizza ma accomuna, quindi mantiene distanze ma crea anche vicinanze, le piazze, i muri, i luoghi di vita e lavoro. Le città sono state protagoniste di partecipazione e di comunicazione, l’opzione del cambiamento ha generato forme relazionali e comunicative che hanno respinto la passività dell’ascolto televisivo. Ilvo Diamanti ha colto qui la conferma di un dato storico: le città consentono anche sperimentazione politica che il quadro politico nazionale non riesce a promuovere (negli anni ’60 e ’70 si diceva che i luoghi di anticipazione di nuovi assetti politici in Italia erano il Comune di Milano e il Consiglio di amministrazione della Rai). Per questo si apre una politica di riverbero, sull’area metropolitana, sulla Regione, sul Paese che non segue solo la pista dell’economia (investimenti, occupazione, ripresa produttiva) ma anche la pista della politica. E’ il banco di prova di quello che qui abbiamo chiamato “laboratorio riformista”. Welfare e benessere – per cui mancano le risorse a Roma – potranno trovare fonti di copertura a Milano? E qui l’ipotesi che le città tornate alla politica del “miglioramento per tutti” premano ora – in forma più coordinata – sul “federalismo sensato” ha un suo fondamento.


L’ipotesi che lanciò Chiamparino (dalla presidenza dell’ANCI) alla Lega non è escluso che diventi un tavolo di prova tra Palazzo Marino (tenendo in sintonia anche Torino, Napoli, Trieste, Bologna, Genova, Firenze,Bari, eccetera) e quelle componenti leghiste che escono dalle elezioni con il convincimento che l’accordo con Berlusconi porta promesse di Pulcinella e fa diminuire consensi. Insomma il “laboratorio” potrebbe esprimere a breve anche una sinistra capace di alleanze così ampie da coinvolgere l’unico fattore che – come lo ha già fatto quindici anni fa – sbarra la strada a un governo che invece con il “motorino alla Scilipoti” parrebbe destinato a dare altri due anni di involuzione al Paese. Con il federalismo – discusso a larghe e realistiche convergenze – si genererebbe un riformismo al tempo stesso creativo e competitivo. Per l’Italia in movimento sarebbe la fuoriuscita dalle parole vacue e dall’incantamento di un premier che – chi lo conosce lo sa – non ha alcuna passione né alcun interesse nel fare le riforme ma è solo preso (e anche questo sempre meno) dal divertimento di comunicarle. Ma ciò per ora è solo un “post it” nel quadro di una politica nazionale che ha ricevuto una robusta scossa ma che – a destra e a sinistra – preferisce mantenere in testa la data del 2013 per regolare tutti i conti.



36428 spazi inclusi